Come ampiamente previsto ed anticipato con un’intervista rilasciataci dal consigliere dott. Francesco Russo e pubblicata dal nostro giornale ieri mattina 29 luglio, la seduta del C.C. che ha avuto luogo la stessa sera, ha visto un sindaco cocciuto e la sua maggioranza, che lo segue con le fette di prosciutto sugli occhi, viaggiare spediti e veloci verso il disastro.
La sensazione è la stessa avvertita durante la visione del film “Titanic”.
Fra arroganza, approssimazione, presunzione e un pizzico di presunzione, la maggioranza si vota da sola l’approvazione dei debiti fuori bilancio, fra cui uno in particolare, quello riferito alla famosa delibera 191 riguardante un contenzioso, ancora tutt’ora, oggetto di valutazione da parte di organismi giuridici (TAR e Consiglio di Stato. 14 si, su 17 presenti. Un successone!
Gli altri avevano già abbandonato l’aula, in netto disaccordo con un modus operandi finora sostanzialmente subito senza reazioni degne di nota.
E dire che l’inizio della partita sembrava promettere bene per il sindaco Del Prete che segna praticamente un rigore a porta vuota. L’occasione gliela dà il gruppo consiliare di “LiberiAmo Fratta” che lamenta la mancata indizione del “Question Time”. Marco Antonio con molta nonchalance spiazza le “Thelma & Luise” della politica frattese ricordando loro che non è il “Question Time”, un appuntamento per altro trimestrale, a poter incidere sulla produttività amministrativa, ma le commissioni consiliari.
Quelle stesse commissioni, oggetto di aspre disquisizioni, nel recente passato, a causa delle rimostranze proprio di taluni consiglieri comunali che lamentavano “l’eccessivo controllo” di cittadini e giornalisti, che negli orari consentiti presenziavano nell’aula e che chiedevano insistentemente la pubblicazione dei verbali delle stesse commissioni a vantaggio della trasparenza e della comunicazione. Richieste, come da copione, mai esaudite. Motivo: Questione di “privacy” … Mah!!!


Ben presto si scoprirà che sulla tematica “Commissioni consiliari”, esistono ben due richieste di accesso agli atti da parte del segretario del Partito Repubblicano Orazio Ferro e innumerevoli richieste, anche via PEC, del nostro caporedattore Gennaro D’Andrea. La risposta fu solo un muro di gomma. Il motivo evidentemente era da ricercare proprio nella sostanziale inutilità di commissioni improduttive e nel contempo particolarmente onerose per le tasche dei cittadini. Ma questa è un’altra storia.
Dopo alcune vibranti critiche da parte di alcuni consiglieri della maggioranza, indirizzate ad una certa stampa locale, a loro dire, un po’ troppo esuberante, e dopo l’inevitabile ma sempre costruttiva lezione di Storia Patria da parte del consigliere Aveta, (di solito comincia dai misenati, ma stavolta graziandoci, inizia dal 1600 con “Frattamaggiore Casale Cristiano”), si giunge al punto cardine della seduta.
L’annosa questione che vede il trascinarsi da anni un contenzioso fra l’ente e le cooperative edilizie Mimosa e La Casa del Popolo. Contenzioso che ha provocato il pignoramento di due milioni e mezzo di euro sul conto bancario del Comune di Frattamaggiore. In più, la questione, come ben evidenziata dal dottor Francesco Russo, prima nell’intervista rilasciataci di cui sopra, e poi durante il suo intervento in consiglio comunale, è ancora oggetto di giudizio, per cui non conoscendone l’esito finale, di rimando chiedeva: “Cosa votiamo”?
Panico! Ma non in tutta la maggioranza. Alborino chiama a “deporre” l’avvocato del Comune che candidamente riporta quello che dice la legge, ovvero, i terreni con tutto quello che c’è sopra passa nella disponibilità del Comune di Frattamaggiore in caso di insolvenza. Qualcuno più tardi aggiusterà il tiro dichiarando “Basta pagare e nessuno perderà la casa”.
Cinque minuti di sospensione e viene “sfornata” in diretta streaming una mozione a firma dei capigruppo della maggioranza. Una “Mozione Consiliare” proposta, ai sensi degli artt. 42 e 43 TUEL dai capigruppo di maggioranza, per l’attivazione di un’indagine interna in merito al riconoscimento del debito fuori bilancio generato da procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione del PEEP.

Tutto ciò dopo anni di oblio che hanno fatto lievitare i costi per l’indennità di occupazione (circa 800 mila euro).
Inoltre, ci sono alcuni punti sui quali sembra nessuno voglia approfondire. Tipo: La cooperativa Mimosa ha mai accettato il prezzo dell’esproprio? Il Comune si attivò subito per gli espropri? Il contratto prevedeva l’esproprio dall’inizio dei lavori o dal momento dell’accettazione del contratto stesso? (10 anni di indennizzo sono tanti).
Ad ogni buon conto, queste sono solo nostre umili considerazioni sul poco edificante scenario amministrativo, ma il lettore potrà andare a rivedersi con calma, utilizzando eventualmente, anche il fermo immagine e il “reverse” del video dell’intera seduta consiliare (qui), in moda da farsi un’idea di quello che sta accadendo.
