A dispetto delle follie, delle stravaganze e delle strumentalizzazioni politiche elettoralistiche che stamattina leggiamo in ogni dove, dalla flottiglia di Gaza al parco Verde di Caivano, Don Maurizio Patriciello è l’unico ad aver dichiarato una cosa sensata. Ed è tutta concentrata in questa locuzione:
“Cosa vuol dire quel proiettile consegnatomi durante la messa domenicale?”
Dieci parole sulle quali vorremmo invitare alla riflessione anche i nostri lettori. Per fare ciò, dobbiamo necessariamente riavvolgere il nastro di qualche giorno.
La sera di sabato 27 i viali del Parco Verde di Caivano diventano teatro dell’ennesima “stesa”. Una scena vista e rivista anche nella fortunata fiction “Gomorra”. Una decina di scooter con a bordo camorristi in erba, percorrono quegli angusti viali sparando all’impazzata decine di colpi di pistola.
Orbene, bisogna chiarire che non tutte le “stese” hanno lo stesso significato, o meglio, non tutte vengono fatte per lanciare un solo unico messaggio, anche se poi alla fine si riduce sempre ad un unico “telegramma”: “Qui comandiamo noi”. Si, ma noi chi?
Stavolta gli inquirenti sembrano essere sicuri che a lanciare quel messaggio non sono gli apparati camorristici caivanesi, ma quelli della vicina Frattaminore in cerca di zona e mercati da conquistare per lo spaccio della droga. Ideale quindi quei caseggiati che sembrano essere stati ideati appositamente dagli urbanisti che si sono avvicendati dal 1980 ad oggi. Ma questa è un’altra storia.
Quale miglior territorio quindi, quello del Parco Verde di Caivano, quello nelle mire dei clan di paesi confinanti, se non quello dove grazie all’intervento dello Stato (intervento del governo non si può dire) che col “Decreto Caivano” ha di fatto smantellato la più grande piazza di spaccio d’Europa?
La presenza dello Stato con operazioni ad alto impatto, nonostante le strumentalizzazioni di ben nota “stampa antimeloniana”, alla quale poco simpatiche sono anche le iniziative di Don Maurizio Patriciello, ha fatto si che i clan “autoctoni”, quelli caivanesi, segnassero il passo con un ridimensionamento sostanziale. Questo ha determinato la fine dello spaccio di droga al Parco Verde e di conseguenza il blocco di tutti i mercati illegali che ci giravano intorno. L’indotto era stato finalmente fermato.
Problema risolto? Macché. La malapianta del crimine organizzato è difficile da estirpare, soprattutto se non si agisce in maniera decisa, coordinata e profonda.
Per avere un quadro chiaro sullo scenario criminale bisogna cominciare a conoscere i personaggi e il loro ruolo. Chi è Vittorio De Luca, il settantacinquenne soprannominato “Caciotta”, l’uomo che ha consegnato il proiettile a Don Maurizio Patriciello, durante la messa domenicale? Altri non è che il suocero del boss locale Domenico Ciccarelli. Uomo molto temuto a Caivano, nonostante un giudice lo abbia ritenuto “incapace di intendere e di volere”.
E questo, allorquando lo stesso De Luca minacciò con un coltello Don Patriciello per le sue “fastidiose prediche” ai ragazzi del parco verde nel tentativo di dissuaderli dall’intraprendere la strada del crimine.
Quando Vittorio De Luca alias Caciotta veniva portato via dai carabinieri, ha pronunciato ad alta voce la seguente frase: “Tanto non possono farmi niente, ho l’infermità mentale”. Il ricordo non può che andare alle parole di un altro più famigerato camorrista. Quel Raffaele Cutolo che con parole simili, forte della sua “pazzia” decisa da qualcuno, minacciò il Pubblico Ministero che lo incalzava durante un processo.
Film già visti. Procedure già sperimentate, ma nonostante questo, lo Stato non affonda quasi mai il colpo mortale. Quasi come vivesse una sorta di simbiosi mutualistica con camorre, mafie, ndranghete o come diavolo le si vogliano catalogare.
Eppure, proprio in queste ore apprendiamo che ad Afragola, un uomo è stato arrestato dai Carabinieri con l’accusa di aver ucciso la madre. La donna era stata ricoverata il 31 luglio con ustioni di terzo grado su gran parte del corpo. Inizialmente si era ipotizzato un suicidio, ma le indagini hanno accertato che a dar fuoco alla donna, è stato suo figlio. Ebbene, nonostante la diagnosi di schizofrenia paranoidea, l’uomo è stato ritenuto capace di intendere e di volere. Il paranoico è stato arrestato, “Caciotta” no.
Ma torniamo alla consegna del proiettile dopo la “stesa”. Cosa si nasconde dietro quel plateale gesto?
L’ipotesi più accreditata sembra vedere, paradossalmente, il clan Ciccarelli “utilizzare” la presenza costante delle forze dell’ordine al Parco Verde onde evitare che la piazza di spaccio finisca nella gestione di altri clan. Nella fattispecie quelli della vicina Frattaminore che, a quanto pare sembra essere stata addebitata la stesa di sabato 27 con la quale è stato terrorizzato l’intero quartiere, ma il cui messaggio era probabilmente questo: “Ora qui comandiamo noi”.
Da qui, il plateale gesto di Vittorio Verde (Caciotta), suocero del boss Domenico Ciccarelli che consegnando pubblicamente quel proiettile al prete anticamorra ha in un certo qual modo salvaguardato, almeno per il momento, il mercato degli stupefacenti e gli interessi del proprio clan, facendo nuovamente tenere alta l’attenzione delle istituzioni su Caivano.
